CIRCaP | Centre for the Study of Political Change - University of Siena
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Quali euroscettici? Un quadro solo apparentemente omogeneo

La crescita della rappresentanza anti-UE a Strasburgo, largamente anticipata dai sondaggi pre-elettorali, è forse il dato più rilevante nella composizione del nuovo parlamento. Il numero di eurodeputati eletti nelle liste di partiti fortemente critici verso il processo di integrazione è più che raddoppiato rispetto al 2009, passando da 56 a 118: circa il 16% dei seggi. Il dato è ancora più significativo se ai seggi conquistati dai partiti energicamente euroscettici si sommano quelli di formazioni politiche che – vuoi perché critici verso le misure di austerità imposte per contrastare la crisi economica, vuoi per una generale polarizzazione della campagna elettorale – esprimono la volontà di un cambiamento profondo delle istituzioni europee, e non sempre nel senso di una maggiore integrazione. Gli 88 eurodeputati moderatamente euroscettici, sommati ai loro colleghi più radicali occupano complessivamente più di un quarto dei 751 posti assegnati (27,5%).
La questione principale, in prospettiva, è: riusciranno gli euroscettici a formare una massa critica in grado di influenzare gli orientamenti del Parlamento Europeo? E in generale, qual è il grado di omogeneità della rappresentanza euroscettica?
I dati mostrano una distribuzione molto simile sia a livello aggregato (EU-28) che nei due sottogruppi Eurozona (cioè i diciotto stati membri che hanno adottato la moneta unica europea) e G.I.P.S.I. (Grecia, Italia, Portogallo, Spagna e Irlanda). Sono infatti questi i paesi da cui era lecito aspettarsi un aumento proporzionale del voto euroscettico. In termini percentuali, invece, come il dato complessivo dei “malati d’Europa” è in linea con quello generale, con l’europeismo degli iberici a bilanciare il buon risultato degli euroscettici italiani e greci.

L’allineamento è però solo apparente. A un’analisi più attenta, la distribuzione dei parlamentari euroscettici varia notevolmente se si considera il loro orientamento politico. Il dato aggregato relativo alle sole compagini
“fortemente euroscettiche” – cioè quelle che vorrebbero invertire il processo di devoluzione di poteri verso l’UE, se non l’uscita del proprio paese dall’Unione – mostra come siano le forze di destra ed estrema destra ad avere la “golden share” nel partito degli euroscettici, con ben 77 eletti su 118. Una percentuale leggermente inferiore, ma comunque maggioritaria, se si considera la sola zona euro: sommati, gli euroscettici di destra e centro-destra sono 46 (di cui 24 eletti tra le fila del Front National francese) contro i 13 eletti della sinistra anti-UE e i 17 del M5S più 1 del Sìnn Fein irlandese. Né si osservano variazioni significative se si include il dato relativo agli euroscettici moderati, fatta eccezione per una prevedibile sfumatura al centro dello schieramento. Il quadro cambia decisamente se si osservano i soli G.I.P.S.I.: non solo per una radicalizzazione dell’elettorato euroscettico, che concentra i suoi voti alle estremità dello spettro politico, ma anche per quanto riguarda gli euro-deputati (temporaneamente?) non iscritti ad alcun gruppo parlamentare. Sono infatti proprio i 18 non-iscritti rappresentare la maggioranza assoluta (51%) degli euroscettici “duri”, con l’altra metà divisa equamente tra destra e sinistra (al 23% circa). Includendo anche gli euroscettici moderati, è invece il gruppo di partiti di che aderiscono al GUE-NGL a prevalere, anche se di poco, sui non-iscritti (41,3% e 39,1% rispettivamente) e gli eletti di destra e centro-destra staccati al 20%.

L’euroscetticismo del Sud-Europa è quindi più legato alle rivendicazioni tipiche della sinistra alternativa europea, la cui critica non è indirizzata al processo di integrazione tout court, ma piuttosto al modo in cui le istituzioni europee hanno cercato di contrastare la crisi economica recente. Anche l’elemento populista, rappresentato significativamente dagli eletti del M5S, ha una natura profondamente diversa dalle formazioni omologhe del resto d’Europa (al momento in cui si scrive, nonostante le voci di un’alleanza con il gruppo di eletti del partito nazionalista inglese UKIP, il M5S mantiene una posizione terza rispetto ai partiti populisti di estrema destra prevalenti nel resto d’Europa).

A uno sguardo d’insieme, il dato sull’euroscetticismo appare ridimensionato. Il gruppo più numeroso, quello dei partiti di destra, ottiene il 10,2% dei seggi (che arriva al 11,4% con gli euroscettici di destra riformista), una cifra che va ponderata anche alla luce delle differenze tra partiti nazionali più o meno radicali, populisti e nazionalisti. I numeri necessari a dare vita a un gruppo parlamentare autonomo, a destra, ci sarebbero. Il raggiungimento della soglia necessaria (25 deputati da 7 stati membri) consentirebbe una maggior visibilità - l'iscrizione a un gruppo non è obbligatoria, né esistono di fatto privilegi particolari legati ad essa - rischiando però di diluire e generalizzare ulteriormente le rivendicazioni di tali formazioni. Dall'altra parte, un ipotetico fronte di euroscettici di sinistra costituirebbe meno del 2% della nuova assemblea, con i non allineati a spostare una percentuale di seggi intorno al 2,5.


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GLI EURODEPUTATI ITALIANI: ELEMENTI DI CONTINUITA' E RINNOVAMENTO (infografica)

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